Le parole del Papa, semi di Pace

Confido nel Papa. Confido nelle sue parole, nei suoi gesti, spero nella sua diplomazia. Una voce di pace che si alza e prova a contrastare questi pazzeschi venti di guerra che fanno sempre più paura. Il mondo, che ripiomba nel sonno della ragione, con teste di cane e segni davanti alle porte di ebrei e pacifisti in Russia, con gli stati che si dividono fra vicini a Putin e vicini a Zelensky.

Io non riesco a stare in un mondo semplificato, in cui devi schierarti su due opzioni che comunque non mi piacciono: quella della guerra e quella delle armi per contrastare la guerra. Sogno, da utopista, come lo era Gandhi, come lo è Francesco, come lo è stato Gorbacev, o come l’italianissmo Aldo Capitini, un mondo che sappia spremere le ragioni della diplomazia fino alla fine, capace di navigare contro i venti di guerra. Pensate per un attimo quanto è semplice schierarsi con Putin o contro di lui. Con Zelensky o contro Zelensky. Cancellando ogni ragione o ogni torto della storia e della politica. Facendo finta che tutto comincia con l’invasione dell’Ucraina, dimenticando tutto quello che ci può essere stato prima e tutte le responsabilità dei protagonisti. Le scelte di pace, o anche quelle di guerra, non possono essere avulse dalla storia, dalla memoria di quel che è successo prima.

Non ci può essere una decisione senza valutarne le responsabilità e le scelte storiche che hanno portato ad una crisi. E quando questa crisi diventa pericolosa l’unica possibilità che c’è è quella di una scelta, a volte unilaterale, che spiazzi e spazzi via ogni altra opzione pericolosa. E ci vuole coraggio e rischio.

Il coraggio di Francesco, di Santo Francesco, di andare solo col suo saio e da uomo di Dio dal grande Saladino nel 1219 e di gettare un seme di pace per Gerusalemme. Ed allora non sogno vertici, ma sogno capi di Stato che vanno a Mosca, da Putin (e anche il Papa è capo di Stato) e chiedono di entrare al Cremlino. Forti non dei loro poteri e dei loro arsenali ma dei loro desideri di Pace per un mondo che sia capace di confrontarsi e ragionare come all’interno di un’unica famiglia: la famiglia umana. Non cadrebbero bombe su loro. Ci sarebbe forse, da parte russa, un segno di incredulità. E forse tra quei capi di stato ci potrebbe essere anche la Cina.  

Sogno il dialogo, unica utopia possibile. L’ammissione delle reciproche responsabilità, la definizione di un governo del mondo basato sull’obiettivo comune: la conservazione della specie umana. Ecco quello che io vedo nelle parole di Papa Francesco, in quel “è pazzia il riarmo al 2% del Pil” e nelle sue parole inziali: “Mi sono vergognato” che segnano l’idea di una vergogna collettiva, vergogna per il genere umano che sa rispondere ad armi solo con armi e non con le parole della fratellanza e dell’amore.

Pensarla così non significa essere traditore dell’occidente, filo putiniano. Pensarla così non significa non aiutare l’Ucraina ma significa porre le basi per garantire un futuro a quel Paese, evitando che sanzione dopo sanzione e bomba dopo bomba seppelliscano ciò che abbiamo di più caro: la nostra umanità.

GIORNALI A COLAZIONE: SABATO 19 MARZO 2022

Arrivano gli sconti sul carburante. 25 centesimi al litro ma solo fino alla fine del mese di Aprile. Contributi energetici per le aziende e stanziamento per la gestione dei profughi Ucraini. Sul fronte “guerra” l’incontro tra Biden e Xi-Jinping promette impegno comune per la Pace ma da parte della Cina non ci sarà nessuna condanna a Putin: il Dragone vuole mantenere buoni rapporti tanto col mercato occidentale che con quello russo. Putin allo Stadio spiega in diretta ai presenti e in Dad ai russi le ragioni dell’operazione “Z” citando Stalin, lo Zar, Lenin, la grande madre Russia e il genocidio dei nazisti del battaglione Azov nel Donbass. Il barometro della Pace segna stallo e a tarda sera slitta nuovamente l’ipotesi di colloquio diretto tra Putin e Zelensky.

LA RASSEGNA STAMPA DI GIOVEDI 17 MARZO

Quali sono i titoli dei quotidiani oggi in edicola? Questa la rassegna stampa della notte di @Rainews24. Anche oggi si parla per lo più di guerra e i bombardamenti a Mariupol e le vittime civili trovano lo spazio maggiore nella narrazione sui quotidiani. Però c’è anche molto spazio dedicato alle ipotesi di acvcordo tra Russia-Ucraina attraverso le rivelazioni del Wall Street Journal che parlano di una bozza in 15 punti per arrivare al cessate il fuoco. L’Ucraina non deve entrare nella Nato e la Russia vuole che la comunità internazionale accetti che la Crimea sia Russa. Nel frattempo Joe Biden dà del criminale a Putin che dice: “L’operazione sta andando bene anche se il nostro obiettivo non è quello di occupare l’Ucraina”. Zelensky al Congresso Usa: “Noi viviamo il nostro 11 settembre da 21 giorni”. A casa nostra il governo studia le misure per dare una mano a cittadini e imprese sul caro energetico e sul caro carburante.

IL PRIMO ATTO: VISTO SI STAMPI E POSSIBILITA’ DI ORDINARE LA TUA COPIA

Visto si stampi e via libera alla tipografia. Così da oggi il romanzo “Sotto le ceneri” è in stampa ed è possibile ordinare la propria copia che arriverà a casa ancora prima di quando sarà in libreria (la data della presenza nelle librerie è quella del 28 aprile). A questo punto per chi volesse leggerlo in anteprima il consiglio è semplice. A questo indirizzo della casa editrice è possibile prenotarlo e la copia arriverà a casa vostra non appena sarà stampata. Io non vedo l’ora di rispondere ai vostri commenti, siano essi positivi o negativi. Alla fine un libro è un po’ come un figliolo, uno non vede l’ora che nasca con la speranza che cresca in salute. Buona ormai prossima lettura ad ognuno di voi-

Giorgio

IL TRAILER DEL ROMANZO

Estate del 1992 incidente sull’A1 tra Fabro e Orvieto. La macchina di due giovani di ritorno dal viaggio di nozze, Anna e Paolo, viene spinta da un autotreno in una piccola scarpata. Le vittime verranno scoperte qualche giorno dopo. Omicidio o incidente? La storia viene scovata per caso da un cronista di provincia, Matteo Sabelli, vent’anni dopo quando un camionista denuncia di essere stato graffiato e malmenato in una tetra area di servizio dell’A1 proprio di fronte al luogo dell’incidente. Il camionista è stato vittima di una donna che, secondo la leggenda che corre sui baracchini dei TIR, sarebbe il fantasma di quella sposina morta vent’anni prima.

Matteo, il giornalista, stava lavorando ad una inchiesta sullo sversamento delle ceneri di carbone che, per tutti gli anni ’80, sono arrivati dalla centrale Enel di La Spezia in Umbria. Ma per il giornale in cui lavora c’è poco spazio per le inchieste ma proprio la storia del fantasma, che piace all’editore e che fa vendere copie, si dimostrerà legata a quella vicenda.

La verità che emerge racconterà la storia di due famiglie distrutte, due famiglie in cui l’interesse economico, per alcuni, ha prevalso sugli affetti e ha prodotto una serie incessanti di ricatti. E con quelle famiglie Matteo entrerà in contatto, incontrando una misteriosa donna rinchiusa col figlio in un esilio forzato da un marito assente.

Sullo sfondo il melodramma non solo italiano che fa da contrappunto a ciascun capitolo diventando colonna sonora del romanzo.

IL PROLOGO

La polo aveva superato  da poco il confine. Dalla Toscana si era entrati in Umbria. Direzione sud sull’autostrada del sole. Le colline più morbide del senese e dell’aretino lasciavano il posto a quelle un po’ più mosse dell’Umbria. La Valdichiana si trasformava nei suoi lineamenti d’orizzonte sotto un cielo stellato che si espandeva a dismisura nel profondo della notte. Il paesaggio era illuminato da una grande luna crescente che aumentava il contrasto.

“Amore mio, manca poco ormai per arrivare a casa. Sei stanco? Vuoi che guidi io?”

La ragazza spostava il suo sguardo dall’angolo del paesaggio che stava guardando attraverso il finestrino verso il giovane. Sull’antenna dell’auto svettava ancora il nastro di tulle, segno distintivo dei freschi sposi. Il viaggio di nozze si stava per concludere.

“No amore, non sono per niente stanco”.

La guardò. “Siamo stati bene questi giorni. Ora torniamo a casa e ci sono da costruire i nostri sogni. Vivere la nostra casa, pensare ai giorni che verranno. Magari presto metteremo anche al mondo una creatura – disse sorridendo.

“Faremmo felici tuo padre e i miei. Mia madre poi… Proprio non le andava più giù che io e te stessimo insieme senza il sacro vincolo del matrimonio  – gli rispose. – “La sera prima del matrimonio ha avuto anche il coraggio di dirmi che finalmente tu, dopo anni, avevi deciso di fare di me una donna onesta!”

“Cosa che a questo punto ho fatto”. – Disse lui guardandola con tenerezza – Tua madre sarà contenta. Continueremo a vivere insieme però da moglie e marito, per la gioia dei conformisti”.

“Ammettilo. Il matrimonio ha comunque anche degli aspetti positivi. Quando mai avremmo potuto fare questo viaggio che sognavamo da tempo.”

Anna e Paolo erano sbarcati qualche ora prima a Malpensa. Tornavano dagli Stati Uniti. Si erano fatti quel coast to coast in moto, sulla Route 66 da Chicago a Santa Monica. Lo avevano sognato fin da quando, poco più che bambini, si erano conosciuti e forse riconosciuti sui banchi di scuola. Poi l’amicizia era diventata amore e l’amore vita di coppia. Fino a quel 3 giugno del 1992. Dopo tre anni di convivenza, erano entrati nella piccola chiesa de Le Querce a Viterbo per sposarsi.

Lui ingegnere al Poggino, l’area industriale di Viterbo. Lei maestra elementare a Vitorchiano. Due ventottenni che avevano deciso di costruire insieme una famiglia.

La macchina dopo una breve sosta in autogrill per un caffè, superò l’uscita di Fabro.

“Ho chiamato casa, ha risposto mia sorella. Le ho detto che siamo già a Fabro e che tra un’ora saremo a casa. Ci stanno aspettando. Lei non vede l’ora di sentire i racconti del nostro viaggio”.

“Usciamo a Orvieto e poi facciamo la strada interna – le disse Paolo  -, voglio uscire dall’Autostrada”.

Fabro era ormai alle loro spalle. La strada, dopo il curvone, cominciava a scendere. Mancava poco ad Orvieto, poco più di una ventina di chilometri. Improvvisamente un rumore strano.  Il volante diventò rigido e tremolante.

“Cazzo…. abbiamo bucato”. Paolo mise la freccia a destra e passò sulla corsia di emergenza. Si fermò  e scese dall’auto.

“Ci metto poco. Tu stai in macchina. E’ buio. Qui non filtra nemmeno la luce della luna. Ma fari e quattro frecce sono accese”. Erano in un canalone che scendeva dalla zona collinare di Fabro e che di lì a poco li avrebbe portati sulla spianata verso Orvieto.

Anna aveva il finestrino abbassato e ascoltava la radio a basso volume. Le faceva piacere ascoltare il marito che trafficava alla sua sinistra alle prese con la ruota posteriore forata. Sentiva il rumore del crick che veniva infilato sotto l’auto, la manovella che girava. Anna cercò una stazione radio che si potesse sentire meglio, Radio Subasio, che li aveva accompagnati spesso fin da giovanissimi. Stava cercando la frequenza, poi alzò gli occhi che incrociarono il marito nello specchietto retrovisore. Sullo sfondo della strada, dietro di lui, si avvicinavano due luci. Era un camion. Uno dei tanti che percorre l’autostrada da nord a sud. Luci che si avvicinavano, a velocità moderata. Lo specchietto retrovisore, così per come era costruito, modificava le distanze. Ma quelle luci sembravano troppo vicine alla corsia di emergenza. E si avvicinavano sempre più al lato destro della carreggiata.

“Paolo – chiamò Anna – quel camion mi sembra molto vicino alla corsia di emergenza. Stai attento”. Paolo girò la testa alla sua destra. Il camion era a poco più di trecento metri.

“Lo vedo – disse lui mentre lasciava la presa del crick, alzandosi dalla posizione accovacciata. Poi andò verso lo sportello, lo aprì e salì in macchina”.

“Che fai? – gli disse Anna?”

“Evito che tu possa diventare vedova in tempi troppo brevi. Appena passa scendo di nuovo”.

E poi un botto, sul retro, a sinistra. Un botto sordo, violento ma non determinato da un impatto a velocità elevata. Dopo una breve pausa, nella quale Paolo era pronto a scendere dal veicolo per comprendere che cosa fosse accaduto, sentirono una forte accelerazione del motore del camion che li aveva speronati. Era appoggiato sul loro paraurti e spinse la macchina verso il debole parapetto. Il camion accelerava, continuò a spingere. Lo stridere di lamiere faceva da controcanto al rumore del parapetto in legno che stava cedendo, alle grida di Anna e all’incredulità delle parole di Paolo. “Ma che cazzo sta facendo?”

La spinta fu sempre più forte. La macchina premette contro il parapetto, lo sfondò, precipitò nel fosso sottostante, tra un frusciare di rami spezzati e il rombo del motore del camion. Poi, dopo il tonfo, fu il silenzio.

Il camion fece retromarcia e si assestò meglio sulla corsia d’emergenza. L’autista accese le quattro frecce e piazzò il mezzo in modo tale da nascondere quella parte di guardrail divelto. Poi scese. Si guardò intorno. Nessuno aveva visto nulla. Guardò di sotto e non sentì alcuna voce. La macchina era precipitata per una decina di metri, non si vedeva, nascosta dalla fitta vegetazione cresciuta in modo selvaggio.   Avvolse una corda intorno al parapetto che si era scostato dalla sede stradale e, con forza, lo rimise in asse con la parte che era ancora ben fissata al manto stradale. Lo sistemò alla meno peggio, così che ad uno sguardo superficiale di chi fosse passato, tutto potesse sembrare regolare. Spinse nel fosso anche quei pezzi di fascione dell’auto staccatesi nell’impatto insieme al crick e alla ruota forata che Paolo aveva poco prima smontato.  Salì a bordo del camion, accese il motore, con calma sfilò una sigaretta dal pacchetto poggiato sul cruscotto, ingranò la prima, tolse le quattro frecce e ripartì. Non prima di avere acceso la radio.

“Cari amici, sono le 23,56 minuti a Radio Subasio. Il tempo di ascoltare Why di Annie Lennox e arriveremo all’8 agosto. E il caldo è con noi, più afoso che mai”.

VIII SUL LAGO

“Ah! prigioniero io sono!
Dio degli Ebrei, perdono! (s’inginocchia)
Dio di Giuda! l’ara e il tempio
A te sacri, sorgeranno…
Deh! mi togli a tanto affanno
E i miei riti struggerò.
Tu m’ascolti!…
Già dell’empio Rischiarata è l’egra mente!
Ah, Dio verace, onnipossente Adorarti ognor saprò!
Porta fatal, oh t’aprirai!…”

(Giuseppe Verdi, Nabucco, Parte IV scena I)

Nabucco – Arena di Verona, 1 agosto1981. Nabucco – RENATO BRUSON Abigaille – GHENA DIMITROVA Zaccaria – DIMITER PETKOV Fenena – BRUNA BAGLIONI Ismaele – OTTAVIO GARAVENTA Conductor – MAURIZIO ARENA Director – RENZO GIACCHIERI

XI L’INCHIESTA NON SI PUO’ FARE

Credo in un dio crudel che m’ha creato
simile a sé e che nell’ira io nomo.
Dalla viltà d’un germe o d’un atòmo
vile son nato.
Son scellerato
perché son uomo;
e sento il fango originario in me.
Sì! questa è la mia fe’!

(Giuseppe Verdi, Otello, Atto II Scena II)

Piero Cappuccilli in Credo in un dio crudel – Giuseppe Verdi, Otello,1976 Direttore Carlo Maria Giulini e Orchestra La Scala

XV L’ADDIO E LE RIVELAZIONI DI GOLA PROFONDA

“Per me giunto è il dì supremo,
no, mai più ci rivedremo;
ci congiunga iddio nel ciel,
ei che premia i suoi fedel.
Sul tuo ciglio il pianto io miro;
lagrimar così, perché?
No, fa’ cor, 
l’estremo spiro lieto è a chi morrà per te”.

(Giuseppe Verdi, Don Carlo, Atto III parte II scena I)

Giorgio Zancanaro Felice ancor io son Per me giunto è il dì supremo, Don Carlo, Verdi

CAPITOLO XVII – IL RITORNO ALLA TORRE SPACCATA

Pour mon âme quel destin
J’ai sa flamme et j’ai sa main
Jour prospère!
Me voici
militaire
et mari

(Gaetano Donizetti, La fille du Régiment, Atto I scena XI)

‘Ah, mes amis’ from Gaetano Donizetti’s La fille du régiment performed by Juan Diego Flórez as a guest artist during Die Fledermaus at the Wiener Staatsoper on the 31st of December 2016.