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IL PRIMO ATTO: VISTO SI STAMPI E POSSIBILITA’ DI ORDINARE LA TUA COPIA
Visto si stampi e via libera alla tipografia. Così da oggi il romanzo “Sotto le ceneri” è in stampa ed è possibile ordinare la propria copia che arriverà a casa ancora prima di quando sarà in libreria (la data della presenza nelle librerie è quella del 28 aprile). A questo punto per chi volesse leggerlo in anteprima il consiglio è semplice. A questo indirizzo della casa editrice è possibile prenotarlo e la copia arriverà a casa vostra non appena sarà stampata. Io non vedo l’ora di rispondere ai vostri commenti, siano essi positivi o negativi. Alla fine un libro è un po’ come un figliolo, uno non vede l’ora che nasca con la speranza che cresca in salute. Buona ormai prossima lettura ad ognuno di voi-
Giorgio
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IL PROLOGO
La polo aveva superato da poco il confine. Dalla Toscana si era entrati in Umbria. Direzione sud sull’autostrada del sole. Le colline più morbide del senese e dell’aretino lasciavano il posto a quelle un po’ più mosse dell’Umbria. La Valdichiana si trasformava nei suoi lineamenti d’orizzonte sotto un cielo stellato che si espandeva a dismisura nel profondo della notte. Il paesaggio era illuminato da una grande luna crescente che aumentava il contrasto.
“Amore mio, manca poco ormai per arrivare a casa. Sei stanco? Vuoi che guidi io?”
La ragazza spostava il suo sguardo dall’angolo del paesaggio che stava guardando attraverso il finestrino verso il giovane. Sull’antenna dell’auto svettava ancora il nastro di tulle, segno distintivo dei freschi sposi. Il viaggio di nozze si stava per concludere.
“No amore, non sono per niente stanco”.
La guardò. “Siamo stati bene questi giorni. Ora torniamo a casa e ci sono da costruire i nostri sogni. Vivere la nostra casa, pensare ai giorni che verranno. Magari presto metteremo anche al mondo una creatura – disse sorridendo.
“Faremmo felici tuo padre e i miei. Mia madre poi… Proprio non le andava più giù che io e te stessimo insieme senza il sacro vincolo del matrimonio – gli rispose. – “La sera prima del matrimonio ha avuto anche il coraggio di dirmi che finalmente tu, dopo anni, avevi deciso di fare di me una donna onesta!”
“Cosa che a questo punto ho fatto”. – Disse lui guardandola con tenerezza – Tua madre sarà contenta. Continueremo a vivere insieme però da moglie e marito, per la gioia dei conformisti”.
“Ammettilo. Il matrimonio ha comunque anche degli aspetti positivi. Quando mai avremmo potuto fare questo viaggio che sognavamo da tempo.”
Anna e Paolo erano sbarcati qualche ora prima a Malpensa. Tornavano dagli Stati Uniti. Si erano fatti quel coast to coast in moto, sulla Route 66 da Chicago a Santa Monica. Lo avevano sognato fin da quando, poco più che bambini, si erano conosciuti e forse riconosciuti sui banchi di scuola. Poi l’amicizia era diventata amore e l’amore vita di coppia. Fino a quel 3 giugno del 1992. Dopo tre anni di convivenza, erano entrati nella piccola chiesa de Le Querce a Viterbo per sposarsi.
Lui ingegnere al Poggino, l’area industriale di Viterbo. Lei maestra elementare a Vitorchiano. Due ventottenni che avevano deciso di costruire insieme una famiglia.
La macchina dopo una breve sosta in autogrill per un caffè, superò l’uscita di Fabro.
“Ho chiamato casa, ha risposto mia sorella. Le ho detto che siamo già a Fabro e che tra un’ora saremo a casa. Ci stanno aspettando. Lei non vede l’ora di sentire i racconti del nostro viaggio”.
“Usciamo a Orvieto e poi facciamo la strada interna – le disse Paolo -, voglio uscire dall’Autostrada”.
Fabro era ormai alle loro spalle. La strada, dopo il curvone, cominciava a scendere. Mancava poco ad Orvieto, poco più di una ventina di chilometri. Improvvisamente un rumore strano. Il volante diventò rigido e tremolante.
“Cazzo…. abbiamo bucato”. Paolo mise la freccia a destra e passò sulla corsia di emergenza. Si fermò e scese dall’auto.
“Ci metto poco. Tu stai in macchina. E’ buio. Qui non filtra nemmeno la luce della luna. Ma fari e quattro frecce sono accese”. Erano in un canalone che scendeva dalla zona collinare di Fabro e che di lì a poco li avrebbe portati sulla spianata verso Orvieto.
Anna aveva il finestrino abbassato e ascoltava la radio a basso volume. Le faceva piacere ascoltare il marito che trafficava alla sua sinistra alle prese con la ruota posteriore forata. Sentiva il rumore del crick che veniva infilato sotto l’auto, la manovella che girava. Anna cercò una stazione radio che si potesse sentire meglio, Radio Subasio, che li aveva accompagnati spesso fin da giovanissimi. Stava cercando la frequenza, poi alzò gli occhi che incrociarono il marito nello specchietto retrovisore. Sullo sfondo della strada, dietro di lui, si avvicinavano due luci. Era un camion. Uno dei tanti che percorre l’autostrada da nord a sud. Luci che si avvicinavano, a velocità moderata. Lo specchietto retrovisore, così per come era costruito, modificava le distanze. Ma quelle luci sembravano troppo vicine alla corsia di emergenza. E si avvicinavano sempre più al lato destro della carreggiata.
“Paolo – chiamò Anna – quel camion mi sembra molto vicino alla corsia di emergenza. Stai attento”. Paolo girò la testa alla sua destra. Il camion era a poco più di trecento metri.
“Lo vedo – disse lui mentre lasciava la presa del crick, alzandosi dalla posizione accovacciata. Poi andò verso lo sportello, lo aprì e salì in macchina”.
“Che fai? – gli disse Anna?”
“Evito che tu possa diventare vedova in tempi troppo brevi. Appena passa scendo di nuovo”.
E poi un botto, sul retro, a sinistra. Un botto sordo, violento ma non determinato da un impatto a velocità elevata. Dopo una breve pausa, nella quale Paolo era pronto a scendere dal veicolo per comprendere che cosa fosse accaduto, sentirono una forte accelerazione del motore del camion che li aveva speronati. Era appoggiato sul loro paraurti e spinse la macchina verso il debole parapetto. Il camion accelerava, continuò a spingere. Lo stridere di lamiere faceva da controcanto al rumore del parapetto in legno che stava cedendo, alle grida di Anna e all’incredulità delle parole di Paolo. “Ma che cazzo sta facendo?”
La spinta fu sempre più forte. La macchina premette contro il parapetto, lo sfondò, precipitò nel fosso sottostante, tra un frusciare di rami spezzati e il rombo del motore del camion. Poi, dopo il tonfo, fu il silenzio.
Il camion fece retromarcia e si assestò meglio sulla corsia d’emergenza. L’autista accese le quattro frecce e piazzò il mezzo in modo tale da nascondere quella parte di guardrail divelto. Poi scese. Si guardò intorno. Nessuno aveva visto nulla. Guardò di sotto e non sentì alcuna voce. La macchina era precipitata per una decina di metri, non si vedeva, nascosta dalla fitta vegetazione cresciuta in modo selvaggio. Avvolse una corda intorno al parapetto che si era scostato dalla sede stradale e, con forza, lo rimise in asse con la parte che era ancora ben fissata al manto stradale. Lo sistemò alla meno peggio, così che ad uno sguardo superficiale di chi fosse passato, tutto potesse sembrare regolare. Spinse nel fosso anche quei pezzi di fascione dell’auto staccatesi nell’impatto insieme al crick e alla ruota forata che Paolo aveva poco prima smontato. Salì a bordo del camion, accese il motore, con calma sfilò una sigaretta dal pacchetto poggiato sul cruscotto, ingranò la prima, tolse le quattro frecce e ripartì. Non prima di avere acceso la radio.
“Cari amici, sono le 23,56 minuti a Radio Subasio. Il tempo di ascoltare Why di Annie Lennox e arriveremo all’8 agosto. E il caldo è con noi, più afoso che mai”.
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DEDICATO A MIO PADRE
Dedico questo romanzo, scritto a penna mentre ascoltavo la musica, a mio padre. Grazie per quella passione che hai saputo trasferirmi per la musica lirica. Ed ogni volta che la ascolto, vado a teatro a vederla so che tu sei lì con me a commentare il cast e la produzione. Come eravamo abituati a fare fin da quando ero un piccolo di sei anni, forse il più giovane spettatore de La Scala di Milano. Tu, ora, ne sono convinto, sei con mia madre e starai ascoltando la Callas, dal vivo, nel più bel teatro dove c’è eternità per le cose belle.
The great Maria Callas performs an aria from her signature role, Bellini’s druid priestess Norma, with the Orchestre de l’Opera National de Paris and Georges Sebastian. Recorded live at the Palais Garnier on the 19th of December 1958, this concert marked the soprano’s debut at the Paris Opera, a major social event for Parisians and for which Callas donned her most elegant couture and a million dollars’ worth of jewelry. -
I – L’INCHIESTA SULLE CENERI
“Schiudi, inferno, la bocca ed inghiotti
Nel tuo grembo l’intero creato;
Sull’ignoto assassino esecrato
Le tue fiamme discendano, o Ciel.
O gran Dio, che ne’ cuori penetri,
Tu ne assisti, in te solo fidiamo;
Da te lume, consiglio cerchiamo
A squarciar delle tenebre il vel!
L’ira tua formidabile e pronta
Colga l’empio, o fatal punitor;
E vi stampi sul volto l’impronta
Che stampasti sul primo uccisor.”(Giuseppe Verdi, Macbeth, Atto I scena XIX)
The Act I finale of Verdi’s “Macbeth,” starring Maria Guleghina (Lady Macbeth), Željko Lučić (Macbeth), and others. Conductor: James Levine. Production: Adrian Noble (2007). Clip taken form the 2008 Live in HD transmission. -
II – L’INCONTRO CON L’INFORMATORE
“Ferma un po’!
Non si pasce di cibo mortale
chi si pasce di cibo celeste;
Altra cure più gravi di queste,
Altra brama quaggiù mi guidò!(…)Pentiti, cangia vita
È l’ultimo momento!”(Wolfgang Amadeus Mozart, Don Giovanni, atto II, scena XIX)
Carlos Alvarez and Ildebrando D’Arcangelo in the Commendatore scene of the second act of Mozart’s “Don Giovanni”. -
III – IL FANTASMA
“Ardon gl’incensi… splendono le sacri faci intorno!.
Ecco il ministro! Porgimi la destra… oh lieto giorno!
Alfin son tua, Alfin sei mio! A me ti dona un Dio..
ogni piacer più grato mi fia con te diviso…
del ciel clemente un riso, la vita a noi sarà!”(Gaetano Donizetti, Lucia di Lammermoor, Atto II scena V)
Teatro La Fenice – Stagione 2016/ 2017 Gaetano Donizetti, ‘ Lucia di Lammermoor’ ‘Eccola’ (The Mad Scene) Nadine Sierra, Lucia di Lammermoor Orchestra e Coro del Teatro La Fenice Riccardo Frizza, Direttore Maestro del Coro Claudio Marino Moretti Regia, Francesco Micheli Scene, Nicolas Bovey Costumi, Alessio Rosati Light designer, Fabio Barettin -
IV – HAI IL PEZZO PER OGGI
“Chi son? Sono un poeta.
Che cosa faccio? Scrivo.
E come vivo? Vivo.
In povertà mia lieta
scialo da gran signore
rime ed inni d’amore.
Per sogni e per chimere
e per castelli in aria,
l’anima ho milionaria”.(Giacomo Puccini, Boheme, atto I scena IV)
The 61 Years old Luciano in his Farewell Staged run of Performances as Rodolfo in La Boheme in 1996 in Torino celebrating the Centennial of La Boheme!! His voice is vibrant and sweet as ever!! -
V – IL PEZZO
“Questa o quella, per me pari sono
A quant’altre d’intorno, mi vedo.
Del mio core, l’impero non cedo
meglio una che ad altre beltà.
La costoro avvenenza è qual dono,
Di che il fato ne infiora la vita.
S’oggi questa mi torna gradita,
forse un’altra doman lo sarà”.(Giuseppe Verdi, Rigoletto, Atto I, scena I)
Live 1981 – Rigoletto – The Metropolitan opera orchestra conducted by James Levine, Luciano Pavarotti -
VI NOTIZIE DA FACEBOOK
“Sull’agile prora
Che m’agita in grembo,
Se scosso mi sveglio
Ai fischi del nembo,
Ripeto fra i tuoni
Le dolci canzoni.
Le dolci canzoni
Del tetto natio,
Che l’ore lamentano
Dell’ultimo addio,
E tutte ridanno
Le forze del cor”.(Giuseppe Verdi, Un ballo in maschera, Atto I scena X)
Un ballo in maschera, Giuseppe Verdi, Covent Garden,1975, Placido Domingo La bellezza della musica stava nelle sensazioni individuali che riusciva a provocare. Al di là della conoscenza tecnica dei musicologi, chi l’ascoltava non deve essere per forza un critico sopraffino ma deve solo farsi cullare dalle armonie.
Il Valzer in Fa di Giuseppe Verdi ne “Il Gattopardo” Ma la potenza della musica era quella di creare un clima, un sentimento, una visione, un sogno. E allora, nel contesto romantico che lui immaginava per quei due valzer, quell’accostamento diventava non solo possibile ma naturale.
Una colonna sonora diversa -
VII LE RIVELAZIONI DI VISCONTI
“Di sangue umano sa qui sempre… Arabia intera
Rimondar sì piccol mano co’ suoi balsami non può.
Oimè!..I panni indossa della notte… or via, ti sbratta!…
Banco è spento, e dalla fossa chi morì non surse ancor”.(Giuseppe Verdi, Macbeth, atto IV, scena IV)
Anna Netrebko interpreta la scena del sonnambulismo di Lady Macbeth, con la sua famosa aria “Una macchia è qui tutt’ora”. Evelin Novak è la Dama, Dominic Barberi il Medico. Staatsoper, Berlino, maggio 2018. Orchestra: Staatskapelle Berlin, dir. Daniel Barenboim. -
VIII SUL LAGO
“Ah! prigioniero io sono!
Dio degli Ebrei, perdono! (s’inginocchia)
Dio di Giuda! l’ara e il tempio
A te sacri, sorgeranno…
Deh! mi togli a tanto affanno
E i miei riti struggerò.
Tu m’ascolti!…
Già dell’empio Rischiarata è l’egra mente!
Ah, Dio verace, onnipossente Adorarti ognor saprò!
Porta fatal, oh t’aprirai!…”(Giuseppe Verdi, Nabucco, Parte IV scena I)
Nabucco – Arena di Verona, 1 agosto1981. Nabucco – RENATO BRUSON Abigaille – GHENA DIMITROVA Zaccaria – DIMITER PETKOV Fenena – BRUNA BAGLIONI Ismaele – OTTAVIO GARAVENTA Conductor – MAURIZIO ARENA Director – RENZO GIACCHIERI -
IX CONFESSIONI D’AMORE
Vissi d’arte, vissi d’amore,
non feci mai male ad anima viva!…
Con man furtiva
quante miserie conobbi, aiutai…
Sempre con fe’ sincera,
la mia preghiera ai santi tabernacoli salì.
Sempre con fe’ sincera
diedi fiori agli altar.
Nell’ora del dolore perché, perché Signore,
perché me ne rimuneri così?(Giacomo Puccini, Tosca, Atto II Scena V)
Covent Garden, 1964, Maria Callas: Tosca, Tito Gobbi; Barone Scarpia
Un fantasma di una giovane donna si vendica di un omicidio che spazzo via la sua vita e quella del suo sposo. Un giornalista di inchiesta che indaga su un milione e trecentomila tonnellate di ceneri di carbone sversate in un piccolo Paese umbro incappa in questa storia e scoprirà che i due fatti sono strettamente legati l’uno all’altro